Vita della Campagna – Lo Scudo di Achille

VITA DELLA CAMPAGNA (vv. 541-572)

Aratura (vv. 541-549)

«E vi raffigurava, poi, un soffice maggese, terreno fertile, esteso, adatto a tre arature, e in esso
numerosi aratori, voltando i buoi aggiogati, li spingevano da una parte all’ altra. E ogniqualvolta essi,
compiendo un mezzo giro, giungevano al limite del campo, allora, un uomo, avvicinandosi, poneva loro nelle
mani una tazza di vino dolce come il miele, ed essi continuavano a girare per i solchi, desiderosi di
giungere alla fine del maggese, rivoltato un profondità.
Dietro, nereggiava la terra e, sebbene fosse scolpita in oro, sembrava arata: era questo certamente un
prodigio straordinario».

Mietitura (vv. 550-560)

«E vi rappresentava il poderi di un re: e, in esso, dei braccianti mietevano, avendo nelle mani falci taglienti.
Alcuni mannelli cadevano fitti a terra, lungo il solco, altri, i legatori stringevano in covoni con legami di paglia.
Tre erano, appunto, i legatori che stavano in piedi, ma dietro di loro dei ragazzetti raccoglievano i manipoli
di spighe e, portandoli fra le braccia, li porgevano senza mai fermarsi.
In mezzo a loro stava in silenzio, all’ estremità della striscia mietuta, il re con lo scettro in mano, ed
aveva il cuore pieno di gioia.Gli araldi, in disparte, preparavano sotto una quercia il pasto, e, dopo aver ucciso un grosso bue, vi si
affaccendavano intorno; frattanto le donne mescolavano molta bianca farina d’orzo come pranzo per i mietitori».

La rappresentazione omerica del lavoro dell’uomo muove dalle operazioni stagionali della
campagna: in tre quadri vengono colti i tre momento dell’aratura, mietitura e vendemmia. In essi il
poeta ci offre una visione serena del rapporto dell’ uomo con il lavoro ( a differenza di Esiodo, il quale
lo sente come condanna, come pónos ) e, pur non disconoscendone la fatica ( in particolare nella scena
dell’aratura), egli ne sottolinea gli aspetti gioiosi.

Nel primo quadro, quello dell’aratura, avvertiamo, nel ritmo pacato dei versi, il lento procedere
dei buoi aggiogati lungo i solchi, spinti dagli aratori: è messa in evidenza la fatica degli uomini,
alleviata tuttavia dal conforto costituito da una tazza di vino, offerta loro al termine di ciascun solco.

Il secondo quadro, quello della mietitura, risulta più mosso ed articolato: i lavoratori sono
rappresentati all’opera, mentre svolgono funzioni diverse (falciare, raccogliere le spighe mietute,
legarle in fasci e ammucchiarle in covoni); sovrintende queste operazioni il re (basileus), la cui
presenza conferisce alla scena una sacralità religiosa sottolineata anche dal sacrificio di un bue,
ucciso dagli araldi per il banchetto.

Siamo davvero proiettati in un passato remotissimo, sentito come tale anche dal cantore epico, alle
radici di quella società micenea, il cui sovrano, oltre ad essere potente wanax guerriero, quale
conosciamo dalle altre pagine dell’Iliade, attende anche serenamente ad opere di pace, riconoscendo con
la sua presenza l’importanza del lavoro dei campi, fonte di benessere e prosperità per il suo popolo.

Nello scudo dell’artista moderno le prime due scene (aratura e mietitura) sono state fuse,
eliminando gli elementi accessori della narrazione ; /’ effetto che ne risulta è certamente di grande
efficacia espressiva: la contiguità dei solchi appena arati con le spighe che ondeggiano al vento,
pronte per essere falciate, comunica immediatamente il senso della continuità di un lavoro, come
quello dei campi, che segue necessariamente il ciclo vegetativo, e, nello stesso tempo, esprime un
sentimento di fiducioso abbandono al ritmo della natura. In primo piano, pienamente aderente al testo
omerico, si staglia fortemente la figura ieratica del re, con in mano lo scettro, simbolo del suo potere,
ma la solennità dell’atteggiamento è mitigata dall’espressione del volto, da cui traspare l’intima gioia
per l’abbondante raccolto.

Aratura - Lo Scudo di Achille Alessandro Romano
Aratura e mietitura

Vendemmia (vv. 561-572)

«E vi rappresentava un vigneto stracarico di grappoli, bello scolpito in oro: dappertutto vi erano
neri grappoli e, da un capo all’altro, esso era retto da pali d’argento. Tutt’ intorno vi tracciò un fossato
di smalto turchino e, in giro, una siepe di stagno. Un solo sentiero vi conduceva, attraverso il quale
solevano passare i portatori d’uva, quando vendemmiavano la vigna.
Fanciulle e giovani, con la mente immersa in lieti pensieri, trasportavano il frutto, dolce come il
miele, in canestri intrecciati. In mezzo a loro un ragazzo faceva vibrare con grazia le corde della cetra
armoniosa e, con la voce delicata, cantava in accompagnamento il bel canto di Lino.
E i vendemmiatori, battendo ritmicamente il suolo con ipiedi, lo seguivano, cantando e danzando
con grida di gioia, e saltellando».

Il quadro omerico della vendemmia, ricco di note di colore (il poeta sottolinea l’uso di oro, argento,
smalto e stagno per evidenziare particolari effetti pittorici) completa la rappresentazione del
lavoro dell’uomo in un’atmosfera di straordinaria gioiosità: il canto, accompagnato dalla musica e
dalla danza, allevia la fatica (motivo, questo, che ci fa intravedere le radici nella società cretesemicenea
di una produzione lirica, anteriore all’epica, e che ritroviamo nella scena delle nozze ed in
quella finale della danza) e una sottile, misteriosa felicità si insinua nell’ animo dei giovani e delle
fanciulle che attendono alla raccolta dell’ uva: il poeta antico esprime con le parole atalà phronéontes
un’ ineffabile condizione dello spirito, che un poeta moderno (Pascoli) traduce con “dall’ animo molle
d’amore”.

Nella scena della vendemmia Alessandro Romano ha raffigurato i motivi omerici del lavoro, del
canto, della musica e della danza, aggiungendovi con la cornucopia il motivo dell’abbondanza,
tradizionalmente legato al frutto della vite; ma soprattutto ha ricreato, dandone un’affascinante
interpretazione, quell’indefinibile atmosfera di felicità soltanto suggerita nel testo omerico: le due
figure, del giovane e della fanciulla, che raccolgono i grappoli d’uva esprimono nell’abbandono
languido dei loro corpi, negli sguardi che si cercano, una carica di forte sensualità. L’artista moderno
ha dato voce a quel che di inespresso c’era in Omero, ed Eros trova qui il suo spazio, che non poteva
mancare nel racconto della vita dell’uomo, quale vuol essere la raffigurazione dello scudo.

F.C.

Vendemmia - Lo Scudo di Achille Alessandro Romano
La vendemmia