Struttura dello Scudo – Lo Scudo di Achille

Struttura dello Scudo

E per primo costruiva uno scudo grande e massiccio, adornandolo artisticamente in ogni sua parte, e, intorno, vi poneva un orlo lucido, a tre lamine sovrapposte, rifulgente, e vi attaccava una tracolla d’argento. Cinque erano gli strati dello scudo vero e propio: e, sulla sua superficie, vi faceva molti artistici rilevi, frutto della sua mente sapiente.

Delle armi che Efesto si accinge a forgiare per Achille, il poeta descrive, in un lungo excursus di 130 versi, la fabbricazione e decorazione dello scudo, conferendo ad esso un risalto eccezionale, che nessun’altra descrizione di armi, nemmeno di quelle di Agamennone, ha nell’ambito del poema.

Egli lo immagina grande e massiccio, in bronzo, anche se la tecnica di lavorazione cui fa riferimento nei versi precedenti è quella del ferro: si tratta di uno dei casi più evidenti di quella stratificazione storica (che muove dall’età micenea per giungere all’VIII secolo, se non oltre, come nel caso di interpolazioni piu recenti) che determina quelle che sono state definite “compenetrazioni anacronistiche”, tipiche dei poemi omerici.

Ma lo scudo di Achille, è, prima di tutto, una creazione poetica: è, quindi, opera vana cercarne assolutamente dei riscontri archeologici. E’ innegabile tuttavia che la descrizione della sua decorazione si alimenti di suggestioni derivanti dall’arte egeo-cretese-micenea, i cui artefici avevano raggiunto una notevole perizia nel lavoro a sbalzo su lamina metallica, come nelle impugnature dei pugnali. Cosi, per quanto riguarda la forma, esso non ha confronti con gli altri scudi descritti nel poema: il grande scudo di pelle “simile ad una torre” (eyte pyrgos), il quale avvolge l’uomo (amphίbrote) e lo protegge “sino ai piedi” (podenekés) o il piccolo e rotondo scudo metallico (chάlkeon). Uno scudo eccezionale per un eroe eccezionale, tale da suscitare una straordinaria meraviglia in chi lo osservi e la cui luce si diffonderà come quella di un astro al momento in cui l’eroe l’indosserà: Iliade, XIX, vv.373 ss. “”e poi lo scudo prese, grande, massiccio; e da questa fulgore come di luna si diffuse lontano. Come quando sul mare appare ai naviganti la fiamma di un fuoco acceso che brucia in alto sui monti, in una capanna solitaria; e le tempeste li portano contro voglia per il mare pescoso lontano dagli amici: cosi dallo scudo di Achille fulgore giungeva al cielo, dallo scudo bello, artisticamente lavorato””.

Nel descrivere le varie scene rappresentate sulla superficie dello scudo, Omero non tralascia di esprimere la propia ammirazione verso questa che considera una vera e propria opera d’arte, con considerazioni di ordine estetico: nota, per esempio, come il divino fabbro unisca al bronzo altri metalli (oro, argento, rame, stagno), per ottenere effetti di particolare risalto o di chiaroscuro, oppure osserva il movimento delle figure che appaiono quasi viventi o il realismo di certi particolari, che lo inducono ad esclamare: <<tò dè peri thaύma tétykto>>.

Le scene sono distribuite su fasce concentriche che ricoprono l’intera superficie dello scudo (pàntose), secondo uno schema decorativo riconducibile all’anfora geometrica del Dipylon, poste intorno ad una parte centrale, che contiene gli elementi del cosmo, e chiuse dall’orlo esterno con la rappresentazione del possente Oceano.
In base alla successione delle scene nel racconto omerico, esse, tradizionalmente, vengono cosi collocate: nella prima fascia, le due città, in pace e in guerra; nella seconda, la vita della campagna (aratura, mietitura, vendemmia); nella terza, la vita pastorale (la mandria assalita dai leoni, il pascolo) e la danza.

Comunque, al di là di questa ipotetica distribuzione, l’elemento dominante nella figurazione della vita dell’uomo è quello della circolarità: i diversi aspetti di essa, infatti, si susseguono senza soluzione di continuità, cosi come paratatticamente sono raccontati dalla voce del cantore: dall’uno si trascorre all’altro, secondo un ritmo naturale di avvicendamenti di gioia e di dolore, di vita e di morte, e tutti si ricompongono nella totalità della rappresentazione dello scudo, cioè dell’esistenza stessa.

La straordinarie dimensioni, la ricchezza della decorazione, che ricopre l’intera superficie dello scudo, la distribuzione delle scene in fasce concentriche sono elementi che ritornano nello scudo di Alessandro Romano. L’emozione, che Efesto prometteva a Teti che il suo scudo avrebbe prodotto in chiunque l’avesse visto, la meraviglia, che sarebbe scaturita da questa visione, colpisce oggi chi contempli la realizzazione artistica, che fa rivivere davanti ai nostri occhi le favole antiche in forme rese eterne dalla fantasia. Un impatto emozionale fortissimo, quindi, che provoca uno stupore “vertiginoso”: infatti, a circolarità della raffigurazione, se disorienta chi ha bisogno di punti di riferimento precisi, coinvolge totalmente chi ad essa si abbandoni, cosi da scoprire la intima connessione delle parti nel tutto.

Lo scudo di achille a Marina di Pietrasanta
Carro del Sole - Lo Scudo di Achille Alessandro Romano