La Croce Spezzata
Storia motivazioni meditazioni di Alessandro Romano
Come premessa fondamentale a queste brevi riflessioni, voglio dire che sono fermamente convinto di una cosa, davanti a un’opera di Arte Sacra, quando è tale, non si può non stare in raccoglimento ed ascoltare le suggestioni che nascono nel nostro cuore.
Posso personalmente testimoniare che durante il lavoro lo scultore non è altro che lo strumento tramite il quale lo Spirito mostra l’opera e la sensazione che prova a lasciarsi andare per inseguire l’inconsapevole e misteriosa suggestione che gli esplode dentro, ne è il segno inconfondibile. Per questo, mentre il rapimento del cuore ti prende immediatamente, alcuni contenuti non emergono subito, ma si rendono visibili lentamente e spesso la lettura completa dell’opera si ha solo dopo molto tempo.
Questo è quello che mi è successo durante il lavoro della croce.
Per anni ho cercato un’immagine del Cristo Crocefisso, che non fosse oleografica e ripetitiva nel gesto, ma che raccontasse l’immenso dolore insito in questo storico evento.
Una nuova icona del dolore nella quale sia evidente la sofferenza, senza essere però, scenografico, sanguinolento o facilmente brutale, vera, credibile, sacra, divina e che inviti ad una profonda e seria riflessione.
Ho documentato per anni tutte le immagini delle crocifissioni che ho incontrato nei miei viaggi, ho letto e mi sono documentato su tutto ciò che racconta della crocifissione e del Calvario che ho trovato e ho parlato con amici teologi e non, dell’oggetto della mia ricerca.
Ho subito come tutti noi, la sensazione d’impotenza che ti soffoca davanti alle enormi ingiustizie di questi tempi, dai morti che tutti i giorni avvengono nel mondo dei migranti, alle guerre ormai dimenticate, dalla mancanza di carità e dell’indifferenza del dolore altrui, alla corsa forsennata della ricerca del denaro ad ogni costo, del traffico delle armi, dell’apparire invece dell’essere e della vana e scellerata rincorsa, alla ricerca della chimera della eterna giovinezza.
Con questi sentimenti che si agitavano nel mio cuore, ostinatamente inseguivo questo desiderio e un giorno, mentre ero al lavoro e stavo facendo l’ennesimo studio sulla crocifissione, al momento di collocare il corpo di Gesù, ecco quella sensazione, un vento leggero che gonfia le vele verso l’ignoto, lasciarsi andare è stato tutt’uno, non esisteva più nessuna tradizione, l’immagine prendeva forma e allora il vento leggero è diventato impetuoso, ero sull’onda, non gestivo nulla ero solo uno strumento, un proiettore che riversa immagini tridimensionali, il Cristo non sopra ma dentro la croce! La croce si spezza! Cristo è morto! La croce è vinta.
Inevitabile appena tornato alla realtà, una domanda:
Che cosa ho fatto?
E mentre dentro senti nascere la tua personale risposta, un’altra domanda:
Quale messaggio mi comunica Gesù con la sua testimonianza?
E subito dopo all’improvviso la risposta:
Accettare la propria croce è l’unico modo per vincerla.
Seguiamo l’esempio di Cristo e la croce si spezzerà dando inizio alla nostra resurrezione.
Ci tengo però a dire che questa è la mia più intima e personale sensazione, davanti a questo lavoro e spero con tutto me stesso, che ogni persona che si trovi a osservare questa croce, la guardi con gli occhi del cuore, così che possa, guidato dallo Spirito, trovare il proprio personale messaggio.
Per terminare queste brevi riflessioni, vorrei dire le ragioni che mi hanno portato a collocare l’opera nel modo in cui appare, la croce è sospesa nel vuoto, sorretta da un’altra croce trasparente, a significare che il sacrificio della croce è sempre presente, anche se non si vede, è nell’aria che ci circonda, è nel giorno, nella notte, in ogni attimo della nostra vita e in ogni luogo dove ci troviamo, basta cercarlo.
Alessandro Romano